venerdì 31 gennaio 2014

Ars, prende ‘forma’ la ‘Truffa metropolitana’ di Palermo, Catania e Messina

IERI LA COMMISSIONE AFFARI ISTITUZIONALI DELL’ARS HA VARATO IN FRETT’E FURIA UN TESTO INCOSTITUZIONALE CHE LA PROSSIMA SETTIMANA ANDRA’ IN AULA. DUE GLI IMPROBABILI OBIETTIVI. SALVARE I ‘CULI’ DELLE GRANDI CITTA’ A SPESE DEI PICCOLI COMUNI (CHE VERREBBERO SOPPRESSI); E ISTITUIRE I ‘LIBERI CONSORZI DI COMUNI’ METTENDOSI SOTTO I PIEDI LO STATUTO SICILIANO
Chiusa in modo disastroso la partita sulla cosiddetta legge di ‘stabilità’ (parola quasi beffarda per i ‘casini’ combinati dal Governo di Rosario Crocetta), con il presidente della Regione costretto, con la coda in mezzo alle gambe, a pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale della Regione la manovra finanziaria con le parti impugnate, si apre adesso la partita dell quale il nostro giornale parla da settimane: la soppressione di 250, forse 300 Comuni con meno di 30 mila abitanti per provare a salvare i conti dei grandi Comuni.
Ricordiamo che la maggior parte dei Comuni siciliani presenta in conti in ‘rosso’. Questo risultato è il frutto, in primo luogo, dei mancati trasferimenti dello Stato, della riduzione drastica dei trasferimenti della Regione agli stessi Comuni (il Fondo regionale per le Autonomia locali, che fino a due anni fa ammontava a 900 milioni di euro all’anno, è stato abolito dall’attuale manovra che va oggi in Gazzetta Ufficiale, sostituito dall’opportunità, data agli stessi Comuni, di trattenere l’8,6 per cento di Irpef) e di altri problemi.
Gli altri problemi sono rappresentati, ad esempio, dalla folle gestione dei rifiuti attraverso la creazione dei ‘mitici’ Ato rifiuti che hanno indebitato molti Comuni. Un sistema, quello degli Ato rifiuti, fatto da migliaia di assunzioni spesso clientelari (sono circa 13 mila i soggetti assunti in questi anni dagli Ato rifiuti) e da una gestione degli stessi rifiuti spesso contrassegnata dalla presenza della mafia. Ma in Sicilia, si sa, tutto fa brodo. E se la mafia fa affari sotto il nome dell’antimafia le ‘autorità’ sono disposte a chiudere un occhio (e in alcuni casi tutt’e due). 
In questo scenario che non è esagerato definire apocalittico cosa hanno fatto il Governo regionale e le forze politiche che l’appoggiano a Sala d’Ercole, dove comunque non sono maggioranza? Pensano di risolvere il problema sopprimendo da 250 a 300 Comuni, cancellando storie in certi casi millenarie!
Questa follia ha preso corpo da circa due mesi nella più sfasciata Commissione legislativa dell’Ars: la Prima Commissione (Affari istituzionali). Che ieri ha varato in frett’e furia il disegno di legge-papocchio sulle città metropolitane di Palermo, Catania e Messina e sui ‘liberi Consorzi di Comuni’. Un disegno di legge, quella approvato ieri non abbiamo capito bene da chi, che fa veramente ridere per la confusione e la pochezza dei contenuti raffazzonati. Un provvedimento che somiglia tanto al Governo Crocetta e ai deputati che lo sostengono.
Per la cronaca, la Prima Commissione è presieduta da Antonello Cracolici, già capogruppo all’Ars e sostenitore del Governo Lombardo nella scorsa legislatura insieme con Giuseppe Lumia. Dopo il ‘successo’ dei quattro anni passati con Lombardo (oggi sotto processo per mafia), Cracolici si sta esibendo in questo maldestro tentativo di far sparire da 250 a 300 Comuni. Vedremo come finirà.
L’inizio non sembra dei migliori a giudicare dai commenti. “Più che una riforma epocale – si legge infatti nel comunicato del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle all’Ars – sembra un ‘brodino’ per il governatore Crocetta, che è ormai prigioniero della sua litigiosa e quanto mai divisa maggioranza e dei suoi annunci televisivi, che, alla luce di quanto visto, non è in grado di mantenere”.
“Le uniche cose da salvare di questo disegno di legge – afferma il parlamentare grillino,Salvatore Siragusa – sono la scomparsa degli organi politici e la proposta (la cui fattibilità è ancora tutta da verificare, considerate le divisioni tra Governo e maggioranza) di sottoporre a referendum consultivo ai siciliani la scelta se eleggere direttamente o meno il presidente del libero consorzio”.
In realtà, Sala d’Ercole si è già pronunciata suglio organi politici delle Province, cioè sui presidenti delle nove Province e sui nove Consigli provinciali: e, contro il parere del Governo, ha già manifestato la volontà di ripristinare gli organi elettovi: sia i presidenti, sia i Consigli provinciali. Su questo punto in Aula ci sarà battaglia.
cappello“Abbiamo rispettato il nostro impegno – aggiunge intanto il neo-capogruppo dei grillini, Francesco Cappello (che da ieri ha preso il posto di Giancarlo Cancellieri in virtù dell’alternanza) – ma in aula apriremo un nuovo ‘campo di battaglia’, perché non è questa la riforma per la quale abbiamo lottato. Staneremo il Governo, grande assente ai lavori della Commissione”.
“Le continue marce indietro del Governo, che ha ritirato quasi tutti i suoi emendamenti – aggiunge Salvatore Siragusa – hanno tolto anche quel poco di reale sostanza a questa legge. In aula si aprirà una partita nuova tra il Movimento, pronto a cercare di riportare la norma sul piano di una reale, nuova concezione degli enti intermedi, e i partiti, che proveranno a fare di tutto per restaurare lo status quo. Vedremo se Crocetta manterrà veramente le promesse fatte in tv”.
Articolato, ma durissimo, il commento di Santi Formica, esponente dellasanti formica Lista Musumeci.
“Con l’approvazione del disegno di legge sulla riforma della Province – dice Formica – si è consumata, oggi (ieri per chi legge ndr), forse la pagina più buia dal punto di vista della qualità e capacità legislativa dell’Ars, per supportare uno dei tanti ‘spot’ annunciati in pompa magna dal Presidente Crocetta nei vari salotti televisivi (Giletti in primis). Una maggioranza raccogliticcia è stata ‘obbligata’ a votare un obbrobrio incostituzionale pur di mandare in Aula un disegno di legge qualsiasi. Basti pensare che in sede di dichiarazioni di voto gli on.li Panepinto (PD), Rinaldi (PD), Miccichè (UDC), Tamaio (DRS), oltre ovviamente alle dichiarazioni di tutte le opposizioni naturalmente contrarie alla legge, nelle quali i suddetti deputati della ‘cosiddetta’ maggioranza hanno messo a verbale che presenteranno emendamenti per prevedere l’elezione diretta dei componenti dei nuovi enti territoriali intermedi, e ciò per rendere costituzionale un testo, che attualmente non lo è, e per rispetto della democrazia e dei cittadini elettori”.
“E’ appena il caso qui di sottolineare – prosegue la nota di Formica – che tutti i soggetti auditi in Commissione (ANCI, URPS, SINDACATI, SINDACI e soprattutto esperti costituzionalisti) hanno letteralmente stroncato il disegno di legge in tutte le sue previsioni e fondamentalmente laddove prevede la elezione di secondo livello, affermando, concordemente e con numerose sentenze della Corte Costituzionale, depositate agli atti, che l’elezione degli organi degli enti territoriali intermedi deve essere diretta e di primo grado”.
“E’ ancora il caso di sottolineare – continua impietose l’esponente della Lista Musumeci – che il Governo ha presentato e via via ritirato ben cinque disegni di legge diversi, per poi arrivare al culmine della follia istituzionale di presentare e contemporaneamente ritirare emendamenti di riscrittura dei vari articoli, o addirittura, con il Presidente Crocetta che, a fronte dei rilievi che venivano mossi dai commissari e dagli uffici, proponeva soluzioni che subito dopo, di fronte ad ulteriori rilievi, capovolgeva nel contrario di quello che aveva detto un minuto prima, purché si arrivasse comunque ad un esito, in un crescendo ‘Rossiniano’ che è la più clamorosa delle conferme che a ‘lui’ interessa solo supportare il suo ‘spot’ da Giletti”
“Annunciamo, sin da adesso – precisa Formica – che presenteremo in Aula eccezione di incostituzionalità del testo in via preliminare, e ovviamente siamo certi che il Commissario dello Stato, che ha dimostrato tutta la sua imparzialità, non potrà esimersi dal ‘bocciare’ la legge. I cittadini devono sapere che gli si vuole togliere il diritto di voto per lasciare il posto ai trombati della politica e agli amici degli amici, moltiplicando i centri di spesa senza il controllo degli elettori attraverso le nomine dirette utili a sfamare gli appetiti del Presidente e della sua maggioranza”.
Anche Giuseppe Milazzo, parlamentare del Nuovo centrodestra democratico, mette le mani avanti: “Considero la riforma, approvata in Commissione ‘Affari Istituzionali’ dell’Ars, come una base di partenza che occorre colmare nel dibattito d’Aula che ne seguirà”.
“Le richieste sulle quali darò battaglia in Aula – dice Milazzo – sono: L’elezione diretta dei Presidenti dei Liberi Consorzi; la scelta degli Assessori tra i componenti dell’Assemblea degli stessi; i rappresentanti dei Comuni devono essere eletti dai Consiglieri comunali tra gli stessi Consiglieri e il Sindaco. Per quanto riguarda le Città metropolitane chiedo che vengano dati più poteri alle Circoscrizioni con compiti assegnati per legge e adeguatamente finanziati”.
Milazzo, che non ha partecipato al voto in Commissione, si dice pronto ad una mediazione su questi punti come già concordato con il Governo.
Da questo passaggio – elemento che la politica siciliana continua a nascondere – viene fuori l’operazione truffaldina che il nostro giornale denuncia da mesi: e cioè il fatto che i Comuni che finiranno dentro le Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina verranno soppressi e ‘saccheggiati’ per risanare i bilanci dei Comuni di Palermo, Catania e Messina. Questo – lo ribadiamo ai nostri lettori, ma anche ai cittadini dei Comuni dislocati attorno a queste tre città – è il disegno politico, a nostro avviso folle, del Sindaco di Catania, Enzo Bianco, del Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, e del Governo di Rosario Crocetta.
Un progetto folle che si sostanzia, di fatto, nel tentare di salvare il ‘culo’ a Palermo e a Catania e nel trasformare in squallide periferie i Comuni che finiranno in queste ‘trappole metropolitane’. Complimenti a Crocetta, ad Orlando, a Bianco e a quei deputati del PD (non tutti in verità) che sponsorizzano questa ‘genialata’.
Critico anche il parlamentare di Forza Italia, Vincenzo Figuccia. “Al di la dei proclami – dice – cominciano ad intravedersi le gravi criticità che questa riforma, voluta fortemente da Crocetta e i suoi alleati, produrrà”.
“Da una recentissima simulazione della Corte dei Conti, su base nazionale – aggiunge Figuccia – è stato evidenziato che i risparmi determinati dalla riforma sono ipotetici ed irrisori. Oltre a ciò, certamente le nuove Città metropolitane, che già, da capoluoghi di provincia, salvo rare eccezioni, non hanno brillato nella gestione della rete dei servizi, faranno ancora peggio con l’ampliamento territoriale”.
“Per non parlare, poi – dice sempre il parlamentare di Forza Italia – dell’esigenza, che non è stata per nulla affrontata, di riformare la burocrazia e di pervenire allo snellimento delle pratiche burocratiche che, in un bacino metropolitano, devono fare sentire le Istituzioni più vicine ai cittadini”.
“Sarebbe occorso – conclude il deputato – che fossero state approfondite queste problematiche. Invece, la corsa contro il tempo, ha prodotto un grande papocchio che avrà l’unico risultato di far perdere ogni connotazione tipica ai Comuni che rischieranno di diventare periferie-ghetto”.




La Sicilia come la Concordia. " Si salvi chi può" !

Il presidente Crocetta ha annunciato per domani la pubblicazione di una Finanziaria "che uccide la Sicilia" e che non presenterà le norme impugnate dal Commissario dello Stato. Ecco i lavoratori, le categorie e gli enti che da domani saranno "ufficialmente" cancellati dal bilancio regionale.


PALERMO - Ieri l'appello al “senso di responsabilità” delle famiglie. Oggi addirittura i riferimenti a Napolitano, a Gandhi, al soprannaturale. Segnali di un timore chiaro. Palpabile. Le parole di Rosario Crocetta puntano i riflettori nuovamente su una Sicilia “impugnata”. Cancellata dagli errori del governo e del Parlamento e dalla penna del Commissario dello Stato. Quasi 30 mila persone “scomparse” dal bilancio della Regione siciliana. È questo, infatti, il primo effetto concreto della decisione, annunciata in mattinata dal governatore, di pubblicare la Finanziaria senza le parti bocciate da Aronica. In attesa che il governo si metta al tavolo e le riscriva, in qualche modo.

Certo, se proprio si vuole guardare il bicchiere mezzo pieno, l'apparizione domani in Gurs della manovra sblocca la cassa regionale. E consentirà nel giro, probabilmente, di una settimana, di garantire gli stipendi ai dipendenti della Regione. Eviterà, magari, alcuni problemi “logistici” come l'assenza della carta igienica o dei toner per le stampanti negli uffici pubblici. E consentirà di ripristinare iservizi di pulizia nei siti culturali siciliani, fermi orma da quel 18 dicembre, giorno in cui il governo ha dovuto mettere un lucchetto alla cassa di Palazzo d'Orleans.

Ma se qualcuno (quasi ventimila persone e le rispettive famiglie, a dire il vero) potrà tirare un sospiro di sollievo, almeno altrettanti siciliani, domani, si ritroveranno in quel tunnel di paura e incertezza nel quale sono entrati dopo la decisione-choc del Commissario. E questa Sicilia “dai due volti” (uno che piange e uno che non ride comunque) era stata tratteggiata bene, ieri, dall'assessore all'Economia Luca Bianchi: “Pubblicare subito la Finanziaria senza le parti impugnate dà certezze a qualcuno ma non ci consente di sistemare tante altre situazioni drammatiche”.

Quali sono queste situazioni? Si tratta innanzitutto di quei lavoratori che non dipendono direttamente dalla Regione ma che “vivono” con i contributi garantiti dal bilancio regionale. Ma la pubblicazione domani in Gurs della legge di stabilità cancella anche i Fondi ai Teatri, alle associazioni antimafia, all'Istituto per le attività produttive, alle associazioni che assistono i disabili e i non vedenti. In alcuni casi, alcuni soggetti potranno attingere ai fondi residui del bilancio. In grado di garantire una sopravvivenza di uno, due mesi al massimo. Per altri, almeno fino alla nuova manovra, già annunciata dall'assessore Bianchi rubinetti si chiuderanno subito.

Per la stima numerica, ci affidiamo al governo. Che ha parlato nei giorni scorsi di 26 mila lavoratori a rischio. “Migliaia di famiglie gettate sul lastrico”, sottolinea drammaticamente oggi Crocetta. Suscitando, però, le “tirate d'orecchi” delle parti sociali: “Non soffi sul fuoco di questa tragedia, il suo governo è responsabile” gli ricordano i sindacati.

La Finanziaria e la successiva impugnativa, in effetti, lasciano ovunque macerie. E la manovra-bis al quale il governo dovrà presto mettersi a lavorare (cercando soldi in chissà quali pieghe di un esangue bilancio, probabilmente puntando su quelli che finanziano gli Enti locali) somiglierà a un'opera di vera ricostruzione. Un intervento pesante di “chirurgia plastica” a una manovra finanziaria martoriata e ormai deforme.

Una manovra, per intenderci, che prevedeva il passaggio di migliaia di lavoratori delle società partecipate in liquidazione a quelle mantenute in piedi dal governo. Una norma cassata. Così, i lavoratori rischiano di trovarsi in mezzo al guado: fuori dalle società da sciogliere, ma fuori anche da quelle in cui avrebbero dovuto confluire. Mancano addirittura 180 milioni per garantire il capitolo della “meccanizzazione agricola”: per intenderci, mancano i soldi per garantire gli stipendi di migliaia di lavoratori Forestali.

Associazioni, Fondazioni e centri antiracket perdono 520 mila euro, fondi assegnati ogni anno dalla Regione come contributo a queste strutture impegnate a fianco degli imprenditori che denunciano il pizzo, ma anche in attività di divulgazione della memoria di Falcone e Borsellino nelle scuole e tra i giovani. Chi denuncia il pizzo non riceverà i 510 mila euro a valere come rimborso degli oneri fiscali, misura introdotta per sostenere le vittime del racket. Persi anche i 180 mila euro stanziati nel fondo a disposizione della Regione per la costituzione delle parti civili nei processi contro la mafia. Saltano anche i fondi per pensioni straordinarie e vitalizi a favore delle vittime del dovere, della mafia e della criminalità organizzata (34mila euro), 15 mila euro di contributi in favore di imprenditori e liberi professionisti per l'acquisto e l'installazione di impianti elettronici di rilevamento di presenze estranee e di registrazione audiovisiva e altri 110 mila euro come una tantum per chi subisce danni da attentati a immobili, mezzi di trasporto e lavoro. L'Arma dei carabinieri deve rinunciare a 2,5 milioni di euro e non ci sono più i contributi per i consorzi dei comuni (258 mila euro) che si occupano esclusivamente della gestione e della valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata per le spese di funzionamento.

Ma non solo. Saltano anche gli stanziamenti per gli ex dipendenti della Fiera del Mediterraneo passati in Resais, dei dipendenti del Ciapi, dell'Esa, dell'Eas, dei consorzi di bonifica (29 milioni), del Cerisdi, del Coppem, del Corfilac e dell'Istituto zootecnico. Tagliati anche gli oltre 8,5 milioni destinati al funzionamento dell'Arpa. Saltano i 12 milioni destinati al funzionamento dell'Irsap: “Questo impedirà – ha spiegato Crocetta – alle imprese di effettuare le opere di depurazione”.

Mancano le somme necessarie a garantire gli stipendi dei comandati negli assessorati Energia, Economia e Sanità, e quelle destinate agli Enti parco e alla Riserve naturali. Scompaiono i fondi per il pagamento degli stipendi dei dipendenti dell'Ufficio di Bruxelles e di quelli dell'Istituto Vite e Vino. Cancellate anche la somme per i Teatri siciliani, per le Università e gli Ersu, per le fondazioni Orcehestra sinfonica siciliana e Teatro Massimo, per gli enti cattolici, per le associazioni che rappresentano i disabili e i ciechi. Una Sicilia intera che scompare dal bilancio della Regione. Una Sicilia che rischia di non esistere più.

mercoledì 29 gennaio 2014

Per eleggere Orlando si sono mobilitati i Sindaci delle più gradi città con in testa il Sindaco di Catania, Enzo Bianco – il PD, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, il senatore Giuseppe Lumia, l’Udc e persino Forza Italia. Tutti uniti contro il Sindaco di un piccolo Comune della provincia di Siracusa. Che vergogna!


NON SIAMO PIU’ SOLI AD AFFERMARE CHE L’ATTUALE GOVERNO REGIONALE VUOLE FARE SPARIRE CENTINAIA DI PICCOLI COMUNI PER FORAGGIARE I GRANDI COMUNI. ADESSO LO DICONO ANCHE ALCUNI PARLAMENTARI. A COMINCIARE DA NINO D’ASERO. PERO’ SAREBBE BENE CHE I SINDACI E I CITTADINI DI QUESTI PICCOLI CENTRI SI SVEGLIASSSERO
Ieri il Consiglio regionale dell’ANCI Sicilia (Associazione Nazionale dei Comuni Italiani) ha eletto presidente il Sindaco di Palermo, Leoluca Orlando. E’ stato eletto con 32 voti contro i 28 presi dal Sindaco di Canicattini Bagni, Paolo Amenta.
Per eleggere Orlando si sono mobilitati i Sindaci delle più gradi città bianco e orlandosiciliane – con in testa il Sindaco di Catania, Enzo Bianco – il PD, il presidente della Regione, Rosario Crocetta, il senatore Giuseppe Lumia, l’Udc e persino Forza Italia. Tutti uniti contro il Sindaco di un piccolo Comune della provincia di Siracusa. Che vergogna!
L’elezione di Orlando è stata la vittoria degli apparati di Partito. Una vittoria di Pirro, perché – come cercheremo di raccontare – il progetto di ‘saccheggiare’ i piccoli Comuni, sopprimendoli, per ‘infilarli’ nelle tre improbabili città metropolitane di Palermo, Catania e Messina comincia a trovare qualche difficoltà.
Questo progetto – come il nostro giornale ha più volte raccontato nelle scorse settimane e anche ieri – è stato ‘pensato’, soprattutto, dal Sindaco di Catania, Enzo Bianco. Che s’illude di tappare gli enormi ‘buchi’ di bilancio del suo Comune costituendo la città metropolitana di Catania, ‘infilandoci’ dentro almeno dieci Comuni del circondario che verrebbero soppressi per poi venire ‘saccheggiati’.
Come abbiamo già scritto, l’illusione di Bianco ha, comunque, una solida base in un articolo della Finanziaria regionale 2013: si tratta dell’articolo in base al quale ai Comuni siciliani, per autofinanziarsi, a partire da quest’anno, spetterà l’8,6 per cento dell’Irpef.
Inglobando dieci o più Comuni del Catanese nella ‘Città metropolitana’ di Catania, l’attuale Sindaco conta di arraffare l’Irpef dei cittadini di questi Comuni per sanare i bilanci di Catania!In pratica, Comuni come Aci catania panoramicaCastello, Aci trezza, San Giovanni La Punta, Sant’Agata Li Battiati – per citarne solo alcuni – dovrebbero sparire per risolvere i problemi finanziari di Catania!
Un grande ‘progetto’ politico, quello del Sindaco di Catania e del sempre più sgangherato Governo regionale di Rosario Crocetta. Insomma, invece di pensare al Piano regolatore di Catania – una sorta di eterno “Chi l’ha visto?” siciliano, vicenda che Bianco tiene ‘bassa’ per non creare problemi agli eterni ‘padroni’ (ma ancora per quanto?) della città, Mario Ciancio Salfilippo e Ennio Virlinzi – Bianco pensa a come ‘mangiarsi’ i Comuni che circondano la città che lo ha rieletto Sindaco.
Bianco, però – come del resto Orlando a Palermo (che vorrebbe fare la stessa ‘operazione’ con i Comuni che circondano il capoluogo dell’Isola – rischia di scontrarsi con una realtà politica non esattamente d’accordo con il progetto.
Poiché siamo l’unico giornale ad aver parlato – e a continuare a parlare – del progetto di far sparire circa 200-250 Comuni siciliani (che potrebbero essere anche di più), va anche messa nel conto la possibilità che noi siamo un po’ matti. Per fortuna, ieri, è venuto fuori un comunicato del capogrupponino d'asero del Nuovo centrodestra democratico all’Ars, Nino D’Asero, dove si dicono delle cose che, forse, non faranno molto piacere a Bianco e ad Orlando.
“Permane in Commissione Affari Istituzionali dell’Ars – leggiamo nel comunicato dell’onorevole D’Asero – un clima di confusione nell’ambito della discussione sulla riforma delle Province, determinato dalla fretta di pervenire, entro il termine fissato del 15 febbraio, all’approvazione della stessa riforma”.
“Occorrerebbe – prosegue il capogruppo del Nuovo centrodestra – un confronto più sereno per approfondire le problematiche che riguardano la riforma, poiché non è stato ancora delineato l’assetto dei Consorzi”.
Qui cominciamo a entrare nel cuore della vicenda. Come raccontiamo da mesi, circa cinquanta Comuni siciliani – nella testa del presidente Crocetta, di Enzo Bianco, di Leoluca Orlando, di Giuseppe Lumia e, in generale, nella testa di tutta la vecchia nomenclatura politica siciliana – dovrebbero essere ‘inghiottiti’ dalle tre improbabili città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Mentre altri 150-200, forse anche 250 Comuni dovrebbero sparire per fare posto ai liberi Consorzi di Comuni.
Peccato che questi “liberi Consorzi di Comuni” – previsti dallo Statuto siciliano – rischiano di non essere affatto ‘liberi’. Contrariamente a quello che prevede lo Statuto – che indica negli stessi Comuni i soggetti chiamati a scegliere come consorziarsi – il Governo vorrebbe costituire dall’alto i ‘liberi Consorzi’. L’obiettivo, ovviamente, non è quello di attuare l’articolo 15 dello Statuto autonomistico siciliano: al contrario, è quello di abolire le Province e fare sparire da 250 a 300 Comuni siciliani per risparmiare e salvare i Bilanci dei Comuni dell’Isola più grandi.
Di fatto, il progetto del Governo Crocetta è quello tutelare i Comuni con oltre 30 mila abitanti – che in Sicilia saranno una trentina – e penalizzare, facendoli in parte sparire, i circa 330 Comuni siciliani con meno di 30 mila abitanti.
Due le conseguenze che si avrebbero sotto il profilo urbanistico.
Primo: la trasformazione dei Comuni che circondano Palermo, Catania e Messina in squallide periferie, senza risorse e senza servizi (per Catania si tratterebbe di una sorta di ‘Librino al cubo’…).
Secondo: il totale abbandono di tanti altri Comuni delle aree interne dell’Isola.  
A che punto è questa ‘genialata’ del solito Governo Crocetta e di Enzo Bianco lo racconta sempre D’Asero: “Già l’approvazione degli art. 7 e 8 – dice il capogruppo del Nuovo centrodestra democratico – hanno fatto emergere interrogativi sui criteri di aggregazione territoriale delle Città metropolitane, sull’organizzazioni delle reti di servizi, sugli organi di gestione, sulla necessità di formare una nuova burocrazia più vicina ai cittadini e su una conseguenza affiorante: l’agevolato accesso a benefici delle Città metropolitane a discapito delle aree periferiche che, invece, rimarrebbero fortemente penalizzate”.
Come potete leggere, non siamo i soli a pensare che Enzo Bianco abbia in testa di ‘saccheggiare’ i centri che circondano Catania.
“Alla luce dei fatti – conclude D’Asero – non c’è, ad oggi, una proposta conducente: aggiungiamo problemi a problemi. Crocetta rifletta, non possiamo permetterci una seconda clamorosa bocciatura. Proviamoci a simulare i risultati poiché sono questi ultimi a rendere concrete e produttive le proposte e a qualificare le Istituzioni”.
Anche se ieri Orlando è stato eletto presidente dell’ANCI Sicilia, questo progetto – che noi non esitiamo a definire scellerato – non ha ancora vinto. Non è ancora stato approvato dalla Prima Commissione dell’Ars. E non è ancora stato approvato dalla stessa Ars.
Però i Sindaci e i cittadini di questi Comuni che nella testa del Governo dovrebbero fare una ‘malafine’, si debbono svegliare. Spiegando alla politica che le città metropolitane – previste dalla legge nazionale n. 142 del 1990 – sono aggregazioni tra soggetti amministrativi ‘vivi’ e non certo la risultante di decine e decine di Comuni soppressi! Lo spirito della legge 142 è quello di fornire servizi di ‘respiro’ metropolitano, non quello di depredare l’Irpef dei cittadini di Comuni soppressi per foraggiare i grandi Comuni. Questa, semmai, è un imbroglio metropolitano…

Fonte: LinkSicilia giornale online