lunedì 28 marzo 2016

Per questo la parola d’ordine è “disobbedienza “ !


Chi mi conosce bene sa che la parte più importante della mia esistenza non è quella materiale , rispondente alle necessità di un sistema sociale costruito e costituito; ma bensì quella spirituale. La parte filosofica e ideale , quella che crede più alla rivoluzione che ognuno può fare dentro di se , e che coinvolge gli altri, eventualmente, solo se lo scelgono liberamente, con l’emulazione. La base ideale che afferma che l’amore produce amore e l’odio, odio. La filosofia dell’armonia dove nessuno pensa che può controllare altro che se stesso. Il caos è dato dall'intrusione di una volontà terza, nella libertà altrui. Dove non esista più conformismo perché superato dalla condivisione. Siamo parte della natura , o no ?  Se è si rispettiamola e rispettiamo le sue leggi. Se è no chiariamo per una volta e per tutte cosa siamo . Questa crisi non è una crisi economica , non è un problema per economisti, questa crisi è esistenziale , è un problema per psicanalisti . E' l'incapacità dell'individuo di definire cosa sia essenziale per la sua serena esistenza. Qualcuno direbbe è un problema filosofico – ideale. La nostra società, affonda perché non riesce più a sognare, a progettare,  a fissare il suo procedere sui binari dei valori fondamentali dell’uomo e della natura. Nella realtà molti di noi hanno ancora dei sogni. Quello che manca è il tempo per raccontarli,  la forza per crederci veramente, e ancora prima degli altri, noi stessi. Continuando a dire sempre le stesse cose ; è finita che non ci crede più nessuno. Se il futuro tornasse ad essere il luogo ideale dove proiettare i propri sogni , dovrebbe rappresentare la speranza , non certo la minaccia.
Cosa assai più grave è, se si afferma che il futuro semplicemente non esiste. Che è rappresentato dalla disoccupazione a due cifre, dal contratto non rinnovato, dalla rata del mutuo,  dalle imprese sul lastrico e dalle mille problematiche fuori controllo . Con queste condizioni nessuno ha la forza di guardare oltre, si vive in un presente perennemente ricolmo d’ansie, schiacciati dalla paura di non farcela. Paradossalmente, le macerie del dopo guerra, spinsero i nostri nonni a sognare e progettare un futuro di benessere, impiegando ogni tipo di espediente per trarne energie e forza. Avevano guardato dritto negli occhi la morte per scegliere senza esitare, di desiderare fortemente la vita. Oggi se volessimo costruire un parallelismo potremmo dire che sulle macerie  della società dei consumi, la cui crescita dopata ha ucciso i desideri, l’inconscio dei nipoti, a differenza dei loro nonni, sembra ipnotizzato da un eccesso artificiale di libertà e da un senso di disorientamento dato dall’assenza di punti di riferimento.
Un tempo la vita era l’università dell’uomo che si faceva da solo, oggi le università, formano individui che non trovano spazio in questa vita, o quantomeno, inadeguati per entrare nei processi moderni di produzione della ricchezza. Forse nella fretta di far crescere un modello nuovo di società, abbiamo trascurato di legare ad essa il concetto di comunità. La società è un meccanismo , null’altro. La comunità  invece, nel senso sociologico soprattutto, è un insieme di persone unite dalla condivisione di valori , usi, costumi, credenze ecc. La proposizione che afferma” il mondo è la nostra casa”, non significa nulla. Il mondo è la casa di un numero indefinito di comunità, dove la comunità è la casa della nostra coscienza, del nostro essere, della nostra stessa anima. Il problema è esistenziale perché non sappiamo più chi siamo, da dove veniamo e soprattutto dove vogliamo andare. Ognuno è un battello senza porto che naviga alla ricerca della propria bufera . Siamo dei naufraghi, proprio come quelli che sbarcano nelle nostre coste, con la sostanziale differenza, che loro mettono a rischio la vita per il loro sogno mentre a noi è stata inibita la facoltà di poter Sognare.

 Lavorare sull’appartenenza alla propria comunità, potrebbe far riaffiorare quei segni identitari utili a superare molti degli egoismo del nostro vivere. Iniziare a scegliere come stile di vita proprio, l’applicazione dei concetti di etica e di morale , percorrere tutti quegli aspetti valoriali che da sempre hanno nobilitato l’individuo, definire i codici distintivi per prendere le distanze di  una certa classe dirigente impegnata continuamente nel dare il cattivo esempio, al punto di non aver più riconosciuti i titoli per imporre regole che è la prima a non rispettare. Ricostruire l’autorevolezza di tutte quelle istituzione che per via di individui inadeguati hanno conosciuto lunghi periodi di umiliazione. Un riscatto sociale che inizia da se stessi come individui, ma come individui appartenenti ad una determinata Comunità. Invertire gli ordini dei valori potrà contribuire a ridefinire il nostro modo di desiderare quello che veramente è importante per noi, tirandoci fuori dalla sbornia in cui ci siamo cacciati. La strada che stiamo percorrendo è la strada del fallimento assicurato. E non di certo del fallimento economico, ma del fallimento della propria vita, quella stessa definita come unica ed irripetibile, Quella che una volta persa non vi sono soldi che  la possono rendere indietro. Rivoluzionare se stessi e definire il concetto di comunità potrebbe risultare una soluzione possibile ai guai dei nostri tempi. Per questo la parola d’ordine è “disobbedienza “ ! Disobbedire a tutto ciò che ha costruito i presupposti dalla nostra infelicità, a partire da tutti quei sistemi sociali, scolastici e di cultura convenzionale atti solo a obbligarci servilmente al sistema.

Gaetano Amenta

Per questo la parola d’ordine è “disobbedienza “ !


Chi mi conosce bene sa che la parte più importante della mia esistenza non è quella materiale , rispondente alle necessità di un sistema sociale costruito e costituito; ma bensì quella spirituale. La parte filosofica e ideale , quella che crede più alla rivoluzione che ognuno può fare dentro di se , e che coinvolge gli altri, eventualmente, solo se lo scelgono liberamente, con l’emulazione. La base ideale che afferma che l’amore produce amore e l’odio, odio. La filosofia dell’armonia dove nessuno pensa che può controllare altro che se stesso. Il caos è dato dall’introsione di una volontà nella libertà altrui. Dove non esista più conformismo perché superato dalla condivisione. Siamo parte della natura , o no ?  Se è si rispettiamola e rispettiamo le sue leggi. Se è no chiariamo per una volta e per tutte cosa siamo . Questa crisi non è una crisi economica , non è un problema per economisti, questa crisi è esistenziale , è un problema per psicanalisti . Qualcuno direbbe è un problema filosofico – ideale. La nostra società, affonda perché non riesce più a sognare, a progettare,  a fissare il suo procedere sui binari dei valori fondamentali dell’uomo e della natura. Nella realtà molti di noi hanno ancora dei sogni. Quello che manca è il tempo per raccontarli,  la forza per crederci veramente, e ancora prima degli altri, noi stessi. Continuando a dire sempre le stesse cose ; è finita che non ci crede più nessuno. Se il futuro tornasse ad essere il luogo ideale dove proiettare i propri sogni , dovrebbe rappresentare la speranza , non certo la minaccia.
Cosa assai più grave è, se si afferma che il futuro semplicemente non esiste. Che è rappresentato dalla disoccupazione a due cifre, dal contratto non rinnovato, dalla rata del mutuo,  dalle imprese sul lastrico e dalle mille problematiche fuori controllo . Con queste condizioni nessuno ha la forza di guardare oltre, si vive in un presente perennemente ricolmo d’ansie, schiacciati dalla paura di non farcela. Paradossalmente, le macerie del dopo guerra, spinsero i nostri nonni a sognare e progettare un futuro di benessere, impiegando ogni tipo di espediente per trarne energie e forza. Avevano guardato dritto negli occhi la morte per scegliere senza esitare, di desiderare fortemente la vita. Oggi se volessimo costruire un parallelismo potremmo dire che sulle macerie  della società dei consumi, la cui crescita dopata ha ucciso i desideri, l’inconscio dei nipoti, a differenza dei loro nonni, sembra ipnotizzato da un eccesso artificiale di libertà e da un senso di disorientamento dato dall’assenza di punti di riferimento.
Un tempo la vita era l’università dell’uomo che si faceva da solo, oggi le università, formano individui che non trovano spazio in questa vita, o quantomeno, inadeguati per entrare nei processi moderni di produzione della ricchezza. Forse nella fretta di far crescere un modello nuovo di società, abbiamo trascurato di legare ad essa il concetto di comunità. La società è un meccanismo , null’altro. La comunità  invece, nel senso sociologico soprattutto, è un insieme di persone unite dalla condivisione di valori , usi, costumi, credenze ecc. La proposizione che afferma” il mondo è la nostra casa”, non significa nulla. Il mondo è la casa di un numero indefinito di comunità, dove la comunità è la casa della nostra coscienza, del nostro essere, della nostra stessa anima. Il problema è esistenziale perché non sappiamo più chi siamo, da dove veniamo e soprattutto dove vogliamo andare. Ognuno è un battello senza porto che naviga alla ricerca della propria bufera . Siamo dei naufraghi, proprio come quelli che sbarcano nelle nostre coste, con la sostanziale differenza, che loro mettono a rischio la vita per il loro sogno mentre a noi è stata inibita la facoltà di poter Sognare.

 Lavorare sull’appartenenza alla propria comunità, potrebbe far riaffiorare quei segni identitari utili a superare molti degli egoismo del nostro vivere. Iniziare a scegliere come stile di vita proprio, l’applicazione dei concetti di etica e di morale , percorrere tutti quegli aspetti valoriali che da sempre hanno nobilitato l’individuo, definire i codici distintivi per prendere le distanze di  una certa classe dirigente impegnata continuamente nel dare il cattivo esempio, al punto di non aver più riconosciuti i titoli per imporre regole che è la prima a non rispettare. Ricostruire l’autorevolezza di tutte quelle istituzione che per via di individui inadeguati hanno conosciuto lunghi periodi di umiliazione. Un riscatto sociale che inizia da se stessi come individui, ma come individui appartenenti ad una determinata Comunità. Invertire gli ordini dei valori potrà contribuire a ridefinire il nostro modo di desiderare quello che veramente è importante per noi, tirandoci fuori dalla sbornia in cui ci siamo cacciati. La strada che stiamo percorrendo è la strada del fallimento assicurato. E non di certo del fallimento economico, ma del fallimento della propria vita, quella stessa definita come unica ed irripetibile, Quella che una volta persa non vi sono soldi che  la possono rendere indietro. Rivoluzionare se stessi e definire il concetto di comunità potrebbe risultare una soluzione possibile ai guai dei nostri tempi. Per questo la parola d’ordine è “disobbedienza “ ! Disobbedire a tutto ciò che ha costruito i presupposti dalla nostra infelicità, a partire da tutti quei sistemi sociali, scolastici e di cultura convenzionale atti solo a obbligarci servilmente al sistema.

Gaetano Amenta

giovedì 24 marzo 2016

Non dimenticare mai di essere felice !

Se per un attimo trovi la forza di non farti trascinare dalla corrente. Di uscire dalla corsa del fiume sociale e sederti sulla sua sponda . Rimanere immobile e lasciare ai tuoi occhi la libertà  di guardare intorno, di scorgere quelle cose che la fretta non ti ha mai permesso di apprezzare. Il gioco delle nuvole nell'immensità del cielo indaco. La serenità di un campo di grano. L'arcobaleno di un prato in fiori . L'entusiasmo degli uccelli in canto . La dolcezza del tenero bacio di tuo figlio. Una stretta di mano sincera di un caro amico.  Il pane bianco, l'olio e una spruzzata di sale. L'acqua limpida nel momento di sete. La carezza sulla guancia di tua madre nell'attimo di tenerezza. La consapevolezza di essere infinito perché parte dell'immensità di questo universo. Sorridi, gioisci delle piccole cose e dona amore. Ricordati che la felicità è una condizione che molte volte si perde per distrazione. Allora non distrarti mai. Non dimenticarti mai di essere felice !

P.S. La foto postata sopra è di un bambino dell' Iraq che ha perso la madre e per poterla riabbracciare la disegnata con il gesso per terra, e vi si è coricato accanto.


martedì 22 marzo 2016

"Sono nata il 21 a primavera": Alda Merini, poetessa folle d’amore .

La sua poesia, 'una gruccia' scritta con i colori del cielo
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«Sono nata il ventuno a primavera ma non sapevo che nascere folle, aprire le zolle, potesse scatenar tempesta».Si auto presenta così Alda Merini, nata a Milano il 21 marzo del 1931, la poetessa folle d’amore e di vita che aveva trovato «i suoi versi intingendo il calamaio nel cielo». Quella piccola «ape furibonda», come la definiscono le sue 4 figlie, «che con la sua vita difficile e la sua opera sofferta ha segnato la storia culturale non solo di Milano». E già. Perché Alda la vita «l’ha goduta tutta»nonostante gli anni trascorsi in manicomio: «la vita è spesso un inferno, per me la vita è stata bella perché l’ho pagata cara»
La poesia fa irruzione nella sua vita di ragazza di umili origini all’età di 15 anni nonostante la bocciatura in italiano al Liceo Manzoni. Da allora non l’ha più abbandonata diventando un’ancora di salvezza nel continuo andirivieni da cliniche psichiatriche. Una «gruccia» capace di tenere su il «suo scheletro tremante»: «Se la mia poesia mi abbandonasse come polvere o vento, io cadrei a terra sconfitta», dice Alda Merini della sua arte, un dono sublime frutto di una sconfinata sensibilità: «Ho bisogno di poesia, questa magia che brucia la pesantezza delle parole, che risveglia le emozioni e dà colori nuovi». Continua la ricerca d’amore nelle sue opere («forse perché non l'ho avuto lo canto tanto») che si alterna al costante occhio di riguardo nei confronti degli ultimi: «Ma l’amore della povera gente brilla più di una qualsiasi filosofia. Un povero ti dà tutto e non ti rinfaccia mai la tua vigliaccheria».
  
Rime graffianti, «alacri come il fuoco», ma così soavi quelle di Alda Merini che racchiudono in sé la vita stessa fatta di contraddizioni, di gioia e inquietudine, di luce e di buio. Di quel buio tanto caro ai poeti che come «falchi o usignoli lavorano di notte quando tace il rumore della folla e termina il linciaggio delle ore». E non c’è miglior interprete della vita del poeta che «raccoglie i dolori e sorrisi e mette assieme tutti i suoi giorni in una mano tesa per donare, in una mano che assolve perché vede il cuore di Dio». Un Dio a volte lontano ma comunque un Dio d’amore: «Appari e dispari come un luogotenente del destino. Perderti è come perdere la speranza ed io ti ho perduto non una ma un milione di volte e ritrovarti è come sorgere dall’eterno peccato per vedere le falle della vita».

 «La gente non sogna più, non ha più tempo», dichiara la poetessa dei Navigli in una delle sue ultime interviste. Ma la poesia non passa mai di moda. È sempre un rifugio attuale sembra dirci Alda Merini: «Pensate che potete camminare su di noi (i poeti, ndr) come su dei grandi tappeti e volare oltre questa triste realtà quotidiana».