Questa crisi non è una crisi economica , non è un problema per
economisti, questa crisi è esistenziale , è un problema per psicanalisti . Qualcuno
direbbe è un problema filosofico – ideale. La nostra società, affonda perché
non riesce più a sognare, a progettare, a fissare il suo procedere sui binari dei
valori fondamentali dell’uomo e della natura. Nella realtà molti di noi hanno
ancora dei sogni. Quello che manca è il tempo per raccontarli, la forza per crederci veramente, e ancora
prima degl’altri, noi stessi. Continuando a dire sempre le stesse cose, è
finita che non ci crede più nessuno. Se il futuro tornasse ad essere il luogo
ideale dove proiettare i propri sogni , dovrebbe rappresentare la speranza , non
certo la minaccia.
Cosa assai più grave è, se si afferma che
il futuro semplicemente non esiste. Che è rappresentato dalla disoccupazione a
due cifre, dal contratto non rinnovato, dalla rata del mutuo, dalle imprese sul lastrico e dalle mille
problematiche fuori controllo . Con questa condizione nessuno ha la forza di
guardare oltre, si vive in un presente perennemente ricolmo d’ansie, schiacciati
dalla paura di non farcela. Paradossalmente, le macerie del dopo guerra, spinsero
i nostri nonni a sognare e progettare un futuro di benessere, impiegando ogni
tipo di espediente per trarne energie e forza. Avevano guardato dritta negli
occhi la morte per scegliere senza esitare, di desiderare fortemente la vita. Oggi
se volessimo costruire un parallelismo potremmo dire che sulle macerie della società dei consumi, la cui crescita
dopata ha ucciso i desideri, l’inconscio dei nipoti, a differenza dei loro nonni,
sembra ipnotizzato da un eccesso artificiale di libertà e da un senso di
disorientamento dato dall’assenza di punti di riferimento.
Un tempo la vita era l’università dell’uomo
che si faceva da solo, oggi le università, formano individui che non trovano
spazio in questa vita, o quantomeno, inadeguati per entrare nei processi
moderni di produzione della ricchezza. Forse nella fretta di far crescere un
modello nuovo di società, abbiamo trascurato che ad essa va legato il concetto
di comunità. La società è un meccanismo , null’altro. La comunità invece, nel senso sociologico soprattutto, è
un insieme di persone unite dalla condivisione di valori , usi, costumi,
credenze ecc. La proposizione che afferma” il mondo è la nostra casa”, non
significa nulla. Il mondo è la casa di un numero indefinito di comunità, dove
la comunità è la casa della nostra coscienza, del nostro essere, della nostra
stessa anima. Il problema è esistenziale perché non sappiamo più chi siamo, da
dove veniamo e soprattutto dove vogliamo andare. Ognuno è un battello senza
porto che naviga alla ricerca della propria bufera . Siamo dei naufraghi,
proprio come quelli che sbarcano nelle nostre coste, con la sostanziale
differenza, che loro mettono a rischio la vita per il loro sogno mentre a noi è
stata inibita la facoltà di poter Sognare.
Lavorare sull'appartenenza alla propria comunità, potrebbe far riaffiorare
quei segni identitari utili a superare molti degli egoismo del nostro vivere.
Iniziare a scegliere come stile di vita proprio, l’applicazione dei concetti di
etica e di morale , percorrere tutti quegli aspetti valoriali che da sempre
hanno nobilitato l’individuo, definire i codici distintivi per prendere le
distanze di una certa classe dirigente impegnata
continuamente nel dare il cattivo esempio, al punto di non aver più
riconosciuti i titoli per imporre regole che è la prima a non rispettare.
Ricostruire l’autorevolezza di tutte quelle istituzione che per via di
individui inadeguati hanno conosciuto lunghi periodi di umiliazione. Un
riscatto sociale che inizia da se stessi come individui, ma come individui
appartenenti ad una determinata Comunità. Invertire gli ordini dei valori potrà
contribuire a ridefinire il nostro modo di desiderare quello che veramente è
importante per noi, tirandoci fuori dalla sbornia in cui ci siamo cacciati. La
strada che stiamo percorrendo è la strada del fallimento assicurato. E non di
certo del fallimento economico, ma del fallimento della propria vita, quella
stessa definita come unica ed irripetibile, Quella che una volta persa non vi
sono ricompense di qualsiasi natura che la possono rendere indietro.
Rivoluzionare se stessi e definire il concetto di comunità potrebbe risultare
una soluzione possibile ai guai dei nostri tempi.
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